Gli Spaccia Lezioni

Escogito Ergo Sum

Voglio solo rispetto


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Mi sembra più che ovvio e, quantomeno, educato. Non pretendo molto. Alla fine, sono abituato a stare con tutti, a vivere tranquillamente, a considerare tutti come persone degne di attenzione e di vivere una vita serena. Vorrei solo capire quello che dicono, non sentirmi escluso da una lingua che non conosco, anche al supermercato, tra le corsie, o sull’autobus mentre torno a casa. Vorrei non dover sempre fingere di avere capito e annuire, come un automa. Vorrei non essere giudicato e guardato con disprezzo per come mi vesto o per come mi comporto. Vorrei rispetto per quello che mangio, senza vedere quelle facce disgustate quando esco da un locale, con il mio pacchetto in mano. Vorrei potermi comportare come ho sempre fatto, sorridendo a tutti, senza essere ignorato o guardato dall’alto in basso, come se fossi un idiota che vuole fare l’amico quando non lo è. Vorrei poter scambiare due chiacchiere mentre sono in fila alle poste, parlando di cinema o del tempo, anche se non è dei migliori. Vorrei che rispettassero il lavoro che faccio e anche la fatica che ne consegue. Sono stanco di sentirmi dire che, per me, è tutto più facile, perché non è vero. La mia vita non è mai stata semplice, non ho mai potuto scegliere liberamente come agire, o avere più opzioni tra cui scegliere. Spesso sono stato costretto a scendere a compromessi che non avrei voluto, mettere da parte la mia famiglia per garantire loro un futuro oppure allontanarmene. Mi chiedo, allora, perché non posso esigere rispetto?

Spero abbiate letto con attenzione il breve testo che anticipa questo articolo, perché la mia riflessione di oggi, si appoggia completamente sulle parole scritte sopra.

Chi potrebbe, a vostro parere, aver fatto un discorso simile? Chi, secondo voi, può sentirsi così poco rispettato e considerato, da dover chiedere con forza la propria liberta di esistere?

Queste non sono le parole di un migrante o di un profugo o di un richiedente asilo. Questo è il sunto, molto concentrato e semplificato, di varie giornate passate a parlare con gli inglesi che ho conosciuto e che cercano di ritrovare l’Inghilterra di qualche decennio fa, con il suo multiculturalismo, la sua apertura verso le novità e la diversità, il suo spirito creativo e esotico, in mezzo al grigiore e la compostezza che, un po’ complice anche il clima, sembrano imporsi con forza.

stereotipi-italiaTutte le persone che ho incontrato, per la maggior parte uomini, mi hanno detto che sono un’italiana “anomala”, che non somiglio ai tipici italiani con cui hanno a che fare di solito: chiacchieroni, sempre con la voce alta, sempre pronti ad attaccare briga, che gesticolano molto e che parlano un inglese abbastanza stentato (a meno che non siano studenti). Vi chiederete chi diavolo hanno incontrato per avere una visione simile degli italiani. Me lo sono chiesta anche io ed ho pure trovato una risposta. Spesso e volentieri gli italiani si arroccano nelle loro idee primitive: la cucina italiana è la migliore al mondo, la pizza è italiana quindi tutte le altre sono schifezze, il clima italiano è l’unico accettabile, le bellezze che ha l’Italia non esistono in nessun altro luogo, le macchine italiane sono le più sicure (sì, ho sentito dir anche questo da quando sono qui), etc.

Anch’io parteggio per la pizza italiana, la natura, il sole, il mare e compagnia: devo essere sincera, NON SONO IN ITALIA! Il problema sta tutto lì: accettare che, se si decide di abbandonare la propria terra natia, ovunque voi andrete, non troverete ciò che avete lasciato!

Potrete cercare qualcosa che si avvicini ai vostri ricordi o che vi possa riportare un po’ più vicini a casa, ma non potrete di certo paragonare la Germania, l’Inghilterra, o le isole Fiji all’Italia! Questo vale per gli italianai, ma vale anche per tutti gli altri. In questi mesi ho lavorato con varie persone da diverse parti dell’Europa e non. Ognuno di questi colleghi ha parlato della propria terra d’origine come della migliore in assoluto, come di un luogo paradisiaco dal quale rimpiangono di essere partiti. Si sono poi stupiti del fatto che, da parte mia, non ci fosse questa vena nostalgica o un desiderio spasmodico di portare un po’ delle mie tradizioni qui.

Perché, se ho lasciato l’Italia, disperata per l’assenza di lavoro, per il poco rispetto nei confronti dei giovani che arrancano in cerca di un futuro, dovrei rimpiangere ciò che ho deliberatamente deciso di lasciarmi alle spalle?

bQuesto mio desiderio di integrarmi completamente nella società inglese, parlando solo ed esclusivamente nella loro lingua (a parte qualche colorito exploit contro i pennuti locali), conoscendo ed abituandomi al loro cibo (per quanto mi sia possibile), chiedendo e interessandomi alle loro tradizioni e consuetudini, cercando di adeguarmi anche alla moda e alla musica… tutto questo mi ha permesso di sentirmi sempre ben accetta e accolta in qualunque situazione mi trovi. Una delle colleghe (inglese) con cui ho lavorato, quando ho detto di essere italiana, ha ragionato per stereotipi. “Sei italiana? Io amo la pasta!” Il collega che lavorava sul tavolo accanto (inglese) si è messo a ridere e le ha risposto “Sì, è italiana, ma non credo abbia degli spaghetti in tasca. Magari a lei non piace la pasta!” Terminato questo scambio di battute, tutto è tornato come prima. Abbiamo chiacchierato di politica, della nomina del primo ministro, dell’esito del Brexit, delle vacanze e di molto altro ancora. Nessuna delle persone inglesi con cui io mi sono rapportata mi ha mai fatta sentire fuori posto o indesiderata.

maldicenze-e-pettegolezzi-parlare-male-di-qualcun-40189Al contrario, gli stessi inglesi con cui ho parlato, hanno ammesso, spesso e volentieri, di sentirsi esclusi da molti degli stranieri presenti sul territorio, per il fatto che non si possa stabilire un dialogo aperto e sereno, uno scambio concreto di opinioni, anche divergenti, ma pur sempre uno scambio che aiuti a crescere da entrambe le parti. Molti degli operai stranieri (per la maggior parte donne) con cui ho avuto a che fare, lamentavano di trovare poche persone che parlassero la loro lingua, che il cibo in Inghilterra non fosse abbastanza saporito o qualunque altro cavillo. Eppure sono qui, esattamente come me, cercando di ricavarsi un posto in una società in cui non si vogliono integrare. Molte delle persone che ho conosciuto hanno una limitata considerazione del Paese che li ospita e creano un continuo paragone tra il “prima” e il “dopo”, come se l’Inghilterra non avesse nulla di meglio da offrire, se non un lavoro e una casa.

Purtroppo sono una persona che non ci sta a questi giochetti. Io ho SCELTO volontariamente di trasferirmi qui per cercare qualcosa di meglio di quanto l’Italia avesse da offrire. Buona la cucina, la pizza, bello il sole e il mare, bella l’arte italiana… ma non si può guardare al futuro. Proprio non riesco a concepire chi denigra e disprezza ciò che un Paese straniero ha da offrire, senza considerare il semplice, ma non doveroso, fatto di aprire le proprie porte a chi viene da fuori. Nessuna delle persone che ho incontrato aveva “l’obbligo” di darmi informazioni o di aiutarmi o di fermarsi un minuto in più del necessario per spiegarmi ciò che non avevo capito. Eppure l’hanno fatto. Di questo ne sono estremamente grata. Quando, poi, passi un’intera mattinata parlando con una donna che ha visto l’Inghilterra crescere ed accogliere per decenni migliaia e migliaia di persone da tutti gli angoli del mondo, e questa stessa persona ti tratta come se fossi nata qui e sempre appartenuta a questa terra, vi assicuro, l’emozione è tale che mancano anche le parole.

Chiudo invitando tutti coloro che vorranno trasferirsi in un Paese straniero a ricordarsi di rispettarlo così com’è, con le sue tradizioni, il suo cibo, la sua musica . Ricordatevi: se qualcuno vi sorride, spesso lo fa per il piacere di farlo, e quel sorriso può essere veramente un grande aiuto quando ci si sente soli.

Tamara V. Mussio – Gli Spaccia Lezioni

 

Un commento su “Voglio solo rispetto

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Questa voce è stata pubblicata il 28 agosto 2016 da in Uncategorized con tag , , , , , , .
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